IL NUOVO HA SEMPRE CAUSATO TIMORE
! Ho trascorso la mia
quinta quaresima asiatica
i n C i n a , p r e s s o i l
Seminario Maggiore
Nazionale di Pechino,
per condividere con i
teologi la mia esperienza
missionaria. È stata una
sfida che ho accettato
volentieri, grazie anche al
s u p p o r t o d e i m i e i
confratelli in Thailandia,
nonostante le numerose
incognite: il mio inglese
dimenticato, il visto non
facile da ottenere, il contesto ‘speciale’ del Seminario, il clima invernale, la materia di
insegnamento (missiologia) di cui non sono esperto, … !
Mi è sembrato coerente col mio essere missionario in Asia accogliere l’invito del
Rettore di Pechino proprio per rinfrescarmi il respiro cattolico della fede. !
! Mi sembrava che questa ‘novità’ fosse anzitutto per me portatrice di un
messaggio pasquale, di sfide ulteriori, di contatti e inviti al rinnovamento. L’ho sentita
come un ulteriore ‘passaggio’ attraverso il deserto dell’imprevisto verso un nuovo volto
del Vivente. E ne sono sinceramente grato a Dio, nella speranza di essere stato utile
anche ai giovani teologi delle 48 diocesi che fanno riferimento a quel Seminario.!
! Condivido ora con voi una rilettura di questa esperienza alla luce dei testi biblici
che hanno accompagnato le mie lezioni, la mia preghiera e tutto il clima quaresimale.!
1.! L’allargamento progressivo dello sguardo e del cuore nei primi apostoli a partire
dalla resurrezione di Gesù (Atti degli apostoli).!
! La comprensione della portata universale del messaggio evangelico e della
salvezza è avvenuta negli apostoli gradualmente e non senza fatica, resistenza o
sofferenza. Lo Spirito Santo li ha spinti e condotti sulla strada del nuovo.!
Hanno atteso in Gerusalemme la seconda venuta di Gesù, ricostituendosi addirittura
come ‘gruppo dei Dodici’, il nuovo Israele. Tale venuta non si è realizzata nel modo
che aspettavano: è arrivato invece lo Spirito Santo di cui non avevano precisa
consapevolezza. Improvvisamente hanno iniziato a predicare ai giudei provenienti dai
paesi limitrofi, ma sempre ebrei. Con l’elezione dei sette diaconi hanno scoperto che
esiste un altro modo di intendere la legge giudaica (sensibilità ellenistica) e Stefano
col suo discorso indicò che Dio ha sempre chiamato il popolo di Israele ad andare
oltre: Abramo verso una condizione nuova, Giuseppe verso l’Egitto, Mosè verso la
terra promessa, Davide/Salomone verso una esperienza di Dio che non può essere
contenuto nel Tempio. Anche Filippo allargò il cerchio ulteriormente predicando ai
Samaritani, ebrei ibridi di razza e religione, e battezzando l’eunuco, !
funzionario etiope simpatizzante !
la religione giudaica ma !
impedito dalla sua !
menomazione fisica a farne !
realmente parte. !
È Pietro che nell’incontro !
con Cornelio, il centurione, !
si convertì e convertì il primo ‘pagano’ anche se a titolo familiare. Ma sarà Paolo a
mostrare la conseguenza dell’apertura ai pagani, iniziando ad Antiochia la prima
comunità mista, inculturata (con l’uso del termine greco ‘Kyrios-Signore’), riconosciuta
come realtà nuova (furono chiamati ‘cristiani’) e in comunione con Gerusalemme
tramite Barnaba.!
! In questa storia lo Spirito ha chiesto costantemente agli apostoli discernimento,
audacia e fiducia. E la loro docilità ha fatto emergere la chiesa. Quasi a dire che è la
missione a generare la chiesa, non viceversa.!
2.! La liturgia delle Ore ha proposto il cammino del popolo di Israele nel deserto
fino alla terra ‘dove scorre latte e miele’ (Esodo).!
! Una volta terminata la traversata del deserto e giunti alla vista della fertile terra
di Canaan, Mosè inviò dei rappresentanti del popolo ad esplorare il territorio, i suoi
frutti, le sue città, i suoi abitanti… Al loro ritorno gli stessi esploratori della terra
promessa, assieme ai doni e alle meraviglie in essa constatate, espressero
timore e dubbi. ‘Screditarono presso gli israeliti il paese che avevano
esplorato’ (Numeri 13,32). Ancora una volta il nuovo sconvolge,
intimorisce e genera sfiducia. Un lungo
esodo, un sogno coltivato, una
esperienza di potente presenza di Dio,
un progetto quasi realizzato si blocca di
fronte all’ignoto. Ma soprattutto tentenna
la fiducia nel nuovo. Anche una
pluriennale storia missionaria potrebbe
essere messa in questione dalla
preoccupazione per il futuro. !
! Potremmo essere addirittura noi,
missionari o credenti, a dubitare della
grazia affidataci, suscitando negli altri
pessimismo o eccessiva prudenza.!
! Non mi stupisce quindi che la Pasqua sia una
novità che lacera e scuote non solo le rocce tombali
ma le stesse consolidate certezze. !
! Gesù, il Risorto, apre orizzonti inesplorati, spinge a contesti nuovi, innesca un
! sentire missionario. Vorrei che ci facessimo tutti l’augurio di
lasciarci condurre, con estrema fiducia, con generosa
disponibilità, senza timore alcuno sulle strade del nuovo. Il
Signore saprà generare ancora la sua chiesa dalla
missione, dal testimoniare il suo Regno oltre il
confine tracciato dalla nostra insicurezza.!
! ! Siano queste le parole che risuonano
ancora una volta potentemente nelle nostre
giornate:!
‘Non abbiate timore!’!
Buona Pasqua a tutti voi.!
d. Attilio
Buon Natale e buon anno nuovo
Sarmeola 30.05.2010
Il missionario: sentinella dell’aurora
Saluti e ringraziamenti
Scherzando dico sempre che dalla Thailandia vediamo il vostro futuro. Infatti per quel curioso fenomeno dei fusi orari, quando in Thailandia abbiamo festeggiato l’inizio dell’anno nuovo o il Natale, voi siete ancora ai preparativi.
Però la battuta non fa più ridere solamente quando gli osservatori sociali o politici riconoscono che dall’Asia, dall’Est, partiranno gran parte dei più seri cambiamenti planetari. Con i suoi 4 miliardi di persone (su 6), con la sua estensione geografica, con le dinamiche che stanno scombussolando la sua notoria calma, con le grandi religioni che chiedono un ruolo pubblico... con tutto ciò l’Asia condizionerà inarrestabilmente il resto del pianeta: sul piano anagrafico, ambientale, economico e religioso. Con l’Asia non si scherza. Il futuro parla sicuramente asiatico.
Mantenendo l’immagine dello slogan di oggi: un gran pezzo di aurora scruta telo ad Est.
Restringendo lo spettro di osservazione alla Thailandia, dove con altri 5 sacerdoti fidei donum (di 4 diocesi) e circa 120 religiosi italiani condivido quest’inizio missionario, sono contento di offrirvi alcune esperienze da interpretare alla luce del tema scelto per oggi.
1. Per chi vi arriva la Thailandia stabilisce da subito le distanze, le sproporzioni. La nostra totale ignoranza (pur con lo studio e i corsi) sulla loro storia, cultura, tradizioni, vicende, struttura di pensiero emerge fin dal primo momento quando per salutare non devi toccare l’altro, nel parlare non devi manifestare sentimenti, alzare il tono o mettere l’altro a disagio, per mangiare non hai il piatto individuale. Lo scoglio della lingua con i suoi 5 toni, 44 consonanti e 32 vocali, senza tempi verbali, singolare e plurale, desinenze, senza punteggiatura ne è l’esempio classico.
Di fronte a questo muro di mistero (affascinante per i vacanzieri ma logorante per i missionari) fai l’esperienza dell’infante: balbetti a lungo, fai tanto silenzio, ti fidi per forza, e provi anche quello che non ti piace solo perché non sai come si dice: ‘abbiate pietà’.
In questa scalata linguistica e culturale vanno ufficialmente spesi 2 anni (nel senso che sono inclusi nella voce di bilancio: sostegno alla formazione), ma extraufficialmente vanno altri anni a seconda degli ‘scarponi’. La mia maestra diceva che in 2 anni si tenta di insegnare agli alunni quello che normalmente si fa in 10 anni con i bambini; con la differenza che poi da noi ‘alunni grandi’ si attendono parole su Dio, sulla spiritualità e la società e non sulle merendine.
In questo lungo cammino di inculturazione, che consideriamo già dono missionario, dono di gratuità, la stanchezza mentale e psicologica viene vinta dal sentirsi voluti bene. La pazienza, il sorriso l’attenzione di insegnanti e confratelli diventano luci di riferimento nelle tappe oscure. Mi viene da pensare alla fatica di certi immigrati che oltre alla fatica del lavoro, alle preoccupazioni per i familiari, alle difficoltà linguistiche non trovano quel gesto che basta per andare avanti. Aiuta poi anche in pensare e credere che la fatica fa parte del progetto di Dio.
2. Una seconda esperienza illuminante è per me lo scoprire il percorso di fede dei catecumeni. Mi trovo spesso a parlare con cristiani che si sono ‘convertiti’ da poco e la mia curiosità è sempre a chiedere da dove è partita la fede, cosa attrae al cristianesimo, che conseguenze comporta la conversione in casa o nel villaggio...
C’è sempre una cascata di freschezza nel racconto di questa gente. La loro testimonianza, che le stesse diocesi incoraggiano a far narrare, sono perle straordinarie che obbligano a ripercorrere la propria storia di fede, il percorso delle nostre comunità.
Nell’esperienza di fede altrui si riscopre il potenziale del Vangelo, l’azione della grazia, la fragilità della fiammella battesimale.
Uno ti dice che diventare cristiano è stato un trovare la pace interiore, lontano dalle ansie e terrori degli spiriti-fantasmi capricciosi. Un altro è contento perché finalmente può condividere con Dio il peso delle sofferenze che nel buddhismo è lasciato al singolo. Qualche giovane vuole il battesimo perché gli piace pregare, lavorare, vivere assieme agli altri (nel buddhismo il senso di comunità è secondario).
La fede di chi diventa cristiano rinnova la fede di chi lo è da sempre.
3. Un ultimo spunto lo vorrei ricavare da una delle tante sfide e fatiche dell’apostolato.
In Thailandia i cristiani e i missionari sono spogli di tutta l’attrezzatura fondamentale per sviluppare e accompagnare la vita spirituale. Tutto quello che qui noi usiamo con riferimento alla fede di Gesù, in Thailandia rimanda al buddhismo: non esiste uno stile di costruzione, segni, testi, linguaggio che non sia già usato nel buddhismo.
Il bisogno dei cristiani di mostrare la loro diversità li obbliga a prendere dall’estero. Ecco allora che per loro la Madonna non può vestire come una principessa thailandese; le loro preziosissime sete e tessuti non possono essere usati nella liturgia perché rimandano a significati buddhisti, lo stile dell’edilizia nel fare una cappella, lo stesso vocabolario della liturgia, delle preghiere, della bibbia è attinto attualmente dal linguaggio reale, creando confusione, perché non ci sono ancora parole per dire ‘Dio’, ‘vocazione’, ‘conversione’, ‘grazia’, ‘sacramento’,...
Ci chiediamo come inculturare il vangelo (domanda non superflua nemmeno in Italia).
Accettiamo a volte forme che ci sembrano ridicole ma che per loro sono distintive; qualche rito preconciliare, qualche devozione popolare obsoleta...
In questo stile di rispetto e di attenzione al cammino dei popoli asiatici viene proprio da dire che tutto ciò che è conosciuto già serve relativamente. Saltano schemi, modelli, simbologie, linguaggi.
Quasi a dire che l’aurora è esattamente al lato opposto del tramonto.
don Attilio De Battisti