Date: Tue, 22 Apr 2014 23:48:22 -0300
Subject: Re: Addio Pasqua,
From: direttore@tribunaitaliana.com.ar
To: amissi-mondo-veneto@hotmail.it
Caro Zaniolo,
grazie per gli auguri, le preghiere, i pensieri, le storielle, le riflessioni.
Dato che la domenica di Pasqua è passata, ma il tempo pasquale è un regalo che dura parecchio, mi permetto di inviarle due poesie, che ci sono state inviate dal Carmelo della Trasfigurazione di Rovigo e che abbiamo condiviso con i lettori del nostro sito web.
Eccole qua e anche a Lei e ai tanti suoi amici, Buona Pasqua di Risurrezione!:
PASQUA 2014
“In Dio, tutto è gioia, perché tutto è dono.”
Paolo VI
Anche noi avremmo voluto essere con le mirofore
all’alba del terzo giorno,
trovare la tomba vuota col cuore smarrito,
vederti vivo, dirti il nostro amore con la vita prostrata
e poi andare ad annunziarti risorto
agli increduli discepoli.
Anche noi avremmo voluto essere con i due viandanti di Emmaus
Lungo il cammino dei sogni perduti e delle speranze deluse,
vederci raggiunti dallo straniero ignaro dell’accaduto
e sentire il cuore rianimarsi e ardere alle tue parole.
Sei apparso per scomparire alla frazione del pane
rivelando il senso della tua nuova presenza nel tempo.
Anche noi avremmo voluto essere sul lago
quando hai fatto gettare dal lato della benedizione le reti
poi tirate su a fatica stracolme di pesci.
Tu eri sulla riva e dicevi senza parole
che eri quel pesce che si lasciava cuocere
dal fuoco dello Spirito
per essere dono di vita e promessa d’eternità
per tutti.
Con gli altri ti avremmo contemplato e adorato,
pronti a partire per annunziare a tutto il mondo
l’inaudito della Risurrezione.
Ma tu hai voluto che fossimo nel numero di quelli
che credono senza aver visto
e che si sforzano di offriti ogni giorno,
con umile cuore e povera preghiera
l’incondizionato dell’amore.
Questo regalo prezioso solo Tu ce lo potevi fare.
Sii benedetto, Signore.
Suor Maria Grazia del Getsemani
Lasciamoci incontrare dal Risorto
nella verità del Suo perdono.
Ci dirà cosa siamo per Lui,
che cosa siamo chiamati a diventare
BUONA PASQUA
PASQUA 2014
“Io sono con voi tutti i giorni
fino alla fine del mondo.”
Mt28/20
Gloria a te, Signore risorto,
che uscendo dalla tomba
imprimi in noi il sigillo della tua vittoria
sul male e sulla morte.
Rinati alla meraviglia di essere
perdonati e salvati,
ci sentiamo chiamati per nome e riconosciuti
nella verità del nostro mistero.
Gloria a te, Signore risorto
che fai trionfare la vita
e apri il nostro cuore
alla gloria dell’adorazione.
Tu ti fai eucaristico Pane
per nutrirci d’eternità
e rispondi alle nostre attese
chiedendoci di farci dono come te.
L’amore trasforma la vita e il cuore
quando è condiviso.
Signore, insegnaci a amare.
Tu ci precedi nelle periferie del mondo
dove le lacrime degli uomini
scorrono come fiumi:
lì, nel sacramento del fratello,
ti ameremo,
lì ti renderemo presente a chi soffre
con la nostra vita donata.
Signore, ispiraci parole e gesti
che dicano la tua Pasqua,
mentre camminiamo alla luce
dei nuovi cieli e della terra nuova
verso la gioia della Pasqua eterna.
Si fa sera, Signore,
resta con noi.
Per quale divina primavera fioriremo
Alla luce del Signore risorto?
Suor Maria Grazia del Getsemani
BUONA PASQUA
IL DIRETTORE
Marco Basti
direttore@tribunaitaliana.com.ar
Tel.: (+54 +11) 43300977
Hipólito Yrigoyen 986 - 6ºp.
C1086AAP BUENOS AIRES
DOMENICA DI RISURREZIONE - DOMINGO DE RESURRECCIÓN
PASQUA DI RISURREZIONE1
Ogni anno incontriamo, agli inizi della primavera, la celebrazione della risurrezione di Cristo. Dobbiamo esser grati alla Chiesa che, continuamente e insistentemente, dischiude al nostro sguardo, distratto e spesso incredulo, la visione delle realtà essenziali e ultime.
Possiamo vivere il mistero della risurrezione in svariate maniere: o considerarlo come un’assurda e commovente fiaba che evoca delle memorie, dei sentimenti che ci mettono fuori, per qualche istante, dalla durezza e insignificanza dei tempi; oppure possiamo vedervi la proiezione di una speranza cieca, che è nel fondo di ogni cuore, di vedere un giorno la morte abolita da un’onda di vita piena e luminosa; infine possiamo sentire e vivere il mistero di Cristo e della sua vittoria sulla morte come qualcosa che ci concerne, perché sperimentiamo che dalla morte e risurrezione di Cristo discendono quelle energie che intessono il nostro destino di coscienze redente. Quest’ultima maniera di vivere la risurrezione, penso sia l’unica per chiunque abbia fede e senta che le tappe della vita, morte, risurrezione di Cristo segnino i non evitabili passaggi della coscienza che vuole raggiungere la pienezza della propria vita.
1 Giovanni Vannucci, «Pasqua di Risurrezione», Anno A; in Risveglio della coscienza, 1a ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984; Pag. 63-65.
La tomba dell’uomo, la gloria di Dio[i]
Nella navata in penombra, passi in punta di piedi. Cercano cose nascoste ai dotti e ai sapienti ma vuoto è il Sepolcro del sacro.
E là fuori, oltre il sagrato, un venticello leggero soffia sulla vita e le dà la parola.
Parole di donna, parole di uomo, Parola di Dio.
Commenti al Vangelo di chi è ‘svestito’: senza paramenti, dottrina e gerarchie, ma non per questo ‘senza Dio’.
I quadri evangelici di questa domenica convergono tutti verso la tomba e impongono la comprensione e l’accoglienza della luce della risurrezione esclusivamente attraverso il buio del sepolcro. Per la domenica di Pasqua la Chiesa sceglie un brano di Giovanni che di fatto ci lascia in sospeso, non si conclude, non c’è alcuna apparizione di Gesù che possa testimoniare veramente la sua risurrezione. È un brano che ha come protagonista il sepolcro, non Gesù: in nove versetti vi è nominato sette volte; questo vuol dire che è una presenza totale, completa, che dovrebbe inquietare. Il sepolcro indica efficacemente la fine e il fine dell’essere umano e della storia: tutto fugge via, tutto arriva al suo sepolcro. Passano le età, passa il potere da un impero all’altro, da un padrone all’altro, da un maschio all’altro, ma alla fine tutto arriva alla sua tomba, e là finisce. Passano anche la giustizia e le conquiste di dignità, pagate a prezzo di sangue, ma alla fine, anche loro finiscono nella tomba. La tomba accoglie tutto e tutti, e ancora c’è spazio da riempire.
[i] Carlo Sansonetti, «La tomba dell’uomo, la gloria di Dio». Omelia fuori tempio per la Domenica di Pasqua - ANNO A - 20 aprile 2014 - At 10,34a.37-43¸Sal 117; Col 3,1-4 opp. ICor 5,6b-8; Gv 20,1-9 opp. Mt 28,1-10
Fondatore dell’associazione Sulla Strada (www.sullastradaonlus.com)
Il lievito della vita 1
Atti: 10, 34. 37-43/ 1 Corinzi: 5, 6-8/ Giovanni: 20, 1-9
È proprio in questo che la fede cristiana si distingue da ogni fede religiosa, genericamente considerata: il suo punto di riferimento è un evento accaduto nel passato ma che ha, così dice la fede, un significato universale. Un sepolcro, dove un uomo era stato deposto, si è aperto. Un uomo ucciso dai potenti è entrato nella vita, nella gloria del Padre. Questo evento è il segno delle intenzioni del Padre per tutti gli uomini: la morte è stata vinta per tutti. Questo noi diciamo. Com’è difficile ma anche com’è fecondo riproporci di fronte a questo messaggio annuale radicandoci, con tutta lealtà, nella condizione in cui noi oggi ci troviamo, una condizione che ci rende, per un verso, tanto più distanti dalla cornice, dai simboli di questo antico annuncio! Quando noi, uniformandoci ai livelli della conoscenza raggiunti scientificamente oggi, parliamo di vita ne parliamo in un modo molto diverso. Proprio ora che la vita è diventata precaria, incerta nello spazio infinito, noi sappiamo che essa è come un bene indivisibile che investe e coinvolge in unità profonda l’uomo che pensa, che ama, che spera - punta alta dell’emisfero della vita - e tutte le altre forme viventi su questo pianeta.
1 Ernesto Balducci, «Il lievito della vita». Omelia pronunciata alla Badia Fiesolana domenica di Pasqua di Resurrezione. Pubblicata in “Gli ultimi tempi”- Vol.1° anno A 1985/1986 o 1988/1989 - Borla editrice, 1998; pag. 171-177.
OH! MA E’ PASQUA! - NON ABBIATE PAURA!
Mani in alto! Questo è un abbraccio!
Non voglio che il mondo diventi uno straccio:
Cade la pioggia, soffiano i venti,
la musica è fatta di note dolenti.
In tanti paesi c’è un caldo infernale,
nel cuore di molti un freddo glaciale:
Franano i monti, la terra s’infrange,
L’Italia e sott’acqua perché il cielo piange.
La crisi si sente, si serran le imprese,
la gente è costretta a campare d’intese.
I soldi non bastano, vien meno il lavoro;
si chiede soltanto un onesto decoro.
Cresce la fame, aumentan le pene,
le mense di Caritas son sempre più piene.
Barboni e sfigati si veston di stenti,
sbarcano migranti in tutti i momenti.
In Siria e Sudan si uccidon bambini,
l’odio e violenza han passato i confini.
Nigeria e dintorni si copron di morti,
cristiani ammazzati da deboli forti.
Il mondo che muore ha bisogno di Vita,
ha bisogno di Pasqua, di Amore che c’invita.
E’ Cristo risorto la nostra speranza,
cresce la fede che è gioia che avanza
P. GIANNI FANZOLATO
LORETO- S. PASQUA 2014
La terra in ogni parte del pianeta è in fermento: L'Europa freme
mentre l'Africa dal Mali, Nigeria alla terra d' Egitto si agita.
Corea del nord è povera, ma ricca di armi di distruzione,
America latina sussulta tra narcotraffici, guerriglie e speranze.
Ma la tomba di Gesù è rimasta vuota!
L'Umanità vive lo scossone di grandi cambiamenti culturali,
crisi economiche: c'è chi soccombe, chi arranca, e chi risorge.
Da una parte la ricchezza fa l'occhiolino malizioso al povero,
dall'altra la povertà si fa sfida per chi soffoca di cose e di niente.
Ma la tomba di Cristo è rimasta vuota!
Due sono le grandi malattie che devastano l'uomo oggi:
l'amnesia di eternità, per cui profonde affonda le radici qui in terra;
l'egoismo che lo rende cieco per gli altri e vedente solo se stesso.
Così i valori son spariti e l'uomo si riscopre nella sua nudità.
Ma la tomba del Pastore è rimasta vuota!
Anche la Barca di Pietro è in balia dei marosi e sembra perduta;
Gesù dorme e pare che la nave affondi, travolta dal destino.
Fatta di uomini, fragile e peccatrice, ma santa e solida roccia,
vive il dramma di un mondo sconvolto da una crisi tragica e perduta.
Anche il Papa ha lasciato, ma per dirci che è Cristo il vero Pastore!
Ma ci ha dato Papa Francesco, umile icona della tenerezza di Dio.
E la tomba del Risorto è vuota: Sì, è Pasqua e Cristo vive Vittorioso !
P Gianni Fanzolato
Loreto Città di Maria - PASQUA 2013 - ANNO DELLA FEDE
Francisco Gialdi - diacono (f.gialdi@mhnet.com.br)
28/03/2013
Ciao amissimondoveneto de tuto ´l mondo!
Vénere Santo zé Vénere Santo par tuti.
Par chi che no va Messa
E par chi che perde a processión.
Cussí ve mando de Francisco Gialdi de Maravilha (BR)
Questa pícoea riflessión.
Un abrasso e un strucón
E BONA PASQUA DE RESSURESSIÓN
Roberto Zaniolo, amissimondoveneto
Da: |
Francisco Gialdi (f.gialdi@mhnet.com.br). |
Inviato: |
giovedì 28 marzo 2013 17:59:30 |
A: |
Éden Marcos GIALDI (eden.gialdi@terra.com.br) |
Nada era d'Ele
Uma reflexão para tornar mais importante a nossa Semana Santa, ensinando-nos a carregar nossa cruz.
Balneário Camboriú (SC), 28/3/2013.
Francisco Gialdi
_____________
Nada era d'Ele
Jóia Junior
Disse um poeta um dia,
fazendo referência ao mestre amado:
"O berço que Êle usou na estrebaria,
por acaso era d'Êle?
- Era emprestado!
E o manso jumentinho,
em que, em Jerusalém, chegou montado
e palmas recebeu pelo caminho,
por acaso era d'Êle?
- Era emprestado!
E o pão - o suave pão
que foi, por seu amor, multiplicado,
alimentando toda a multidão,
por acaso era d'Êle?
- Era emprestado!
E os peixes que comeu,
junto ao lago e ficou alimentado,
esse prato era seu?
por acaso era d'Êle?
- Era emprestado!
E o famoso barquinho?
aquele barco em que ficou sentado,
mostrando à multidão qual o caminho,
por acaso era d'Êle?
- Era emprestado!
E o quarto em que ceou
ao lado dos discípulos,
ao lado de Judas, que o traiu,
de Pedro, que o negou,
por acaso era d'Êle?
- Era emprestado!
E o local tumular,
que depois do calvário, foi usado
e de onde havia de ressuscitar,
o túmulo era d'Êle?
- Era emprestado!
Enfim, nada era d'Êle!
Mas, a coroa que Ele usou na cruz
e a cruz que carregou.. e onde morreu,
essas eram, de fato, de Jesus!"
Isso disse um poeta, certo
dia,
numa hora de busca da
verdade,
mas, não aceito essa
filosofia
que contraria a própria
realidade....
o berço, o jumentinho, o suave
pão,
os peixes, o barquinho, o quarto e a
sepultura,
eram d'Êle a partir da
criação,
"Ele os criou" - assim diz a
Escritura...
Mas a cruz que Ele usou
a rude cruz, a cruz negra e mesquinha
onde meus crimes todos expiou,
essa não era d'Êle,
Essa cruz era minha!
quaresima, tempo di profeti
“Padre, ma sapesse cosa ho visto in Italia!”mi fa Giovanna. Il racconto dei nostri emigrati italiani all’estero è sempre interessante da ascoltare. Hanno occhi diversi per guardare. Hanno acquisito una sensibilità europea, francese, inglese o altro. Hanno la loro casa, la loro famiglia all’estero, dove vivono in un’invidiabile normalità. Sì, eroi di due mondi. L’emigrazione è sempre stata una battaglia dura, non lascia scampo. Ma arricchisce in umanità. Favorisce il confronto.
I mali cronici della nostra terra li tormenta. Li avvertono a fior di pelle. Sono i migranti i profeti di oggi, senza saperlo. Un profeta sente dentro una forza irresistibile che lo sprona ad alzare la voce, in nome della giustizia, del rispetto della persona, del rispetto dell’altro... per denunciare ogni tipo di oppressione. Così Giovanna ti racconta piccoli episodi vissuti o ingiustizie ingerite come pillole quotidiane dalla nostra gente. Finisce come qui tanti emigranti, con un interrogativo lanciato in aria:” Ma come si fa a vivere così?!”
Il profeta guarda il mondo con gli occhi di Dio. Come dovrebbe essere, nella sua idealità. Ha un’accentuata sensibilità ideale. Ma altrettanta amarezza, quando vede il suo popolo imboccare strade illusorie di salvezza. Cammini di morte. Rapporti ingiusti, non sani. E loro, i nostri emigranti, ti raccontano di situazioni di dominio, di arroganza o di compiacenza, veduti o vissuti in patria. Spesso da realtà, che sono per vocazione... a vostro servizio.
Nella loro avventura emigratoria hanno percorso strade di solitudine, di incomprensione. Di purificazione. Come qualsiasi profeta. Non appartengono a nessun sistema, o meglio li hanno incorporati tutti. Vivono alla frontiera. Hanno dovuto educarsi ad una apertura umana e sociale senza pari. E sono una coscienza critica maturata lentamente, vivendo sulla loro pelle il confronto di valori, di storie e di società differenti. Ma sono diventati, allo stesso tempo, grandi “apprezzatori.” Sanno cogliere il bene anche nell’orto del vicino. Nel terreno, a poco a poco conosciuto, di un altro mondo.
Nonostante tutto, il loro è un cammino di speranza. Come per ogni profeta. Sanno anticipare i tempi in cui uomini e culture differenti si ritroveranno sulla montagna di Dio per vivere insieme, come racconta Isaia. È la speranza grandiosa dell’ultimo giorno della storia. Sono uomini di visione, ma nell’agire concreto dell’oggi. Già ora, infatti, stanno scrivendo - alla loro maniera semplice e anonima - quella grande pagina della storia dell’uomo e di Dio. Così, quando Antonio mi apre la sua agenda escono fuori nomi in inglese, in portoghese, in polacco... la gente che incontra. Come qui ogni emigrante.
Attestano e denunciano: le due grandi dinamiche di un profeta. E si domandano con assillo: “Ma chi alza la voce in Italia contro i mali che imperversano e corrodono l’anima stessa del nostro popolo? I nostri giovani non hanno la voce per gridare contro l’ingiustizia che riserva loro il presente e il futuro?!” Non sanno indignarsi. Manca loro questa grande forza interiore. Mentre il nostro mondo di valori dolcemente sprofonda: addio solidarietà, accoglienza dell’altro, attenzione al più debole, condivisione, rispetto delle minoranze...
E vorrebbero dire: “Alzatevi. Gridate. Mettetevi all’opera. Voltate pagina. In questi anni i nostri valori più veri sono stati sotterrati. La miseria dell’oggi è il frutto naturale di anni di cammino. Di guide accecate dal denaro. Di uomini senza passione se non per se stessi. Ora è tempo di profeti!”
Renato Zilio, missionario a Londra, Autore di “Dio attende alla frontiera” EMI
Mercoledì 4.04.2012
Cari amissimissionari veneti
E cari amissimondoveneto nel mondo,
domani, giovedì 5.04 entriamo in pieno nella celebrazione della Santa Pasqua
il cammino della Passione di Gesù verso la Risurrezione.
Si è soliti augurare Buona Pasqua – Felice Pasqua
Ma cosa vuol dire “Buona” – “Felice”? Perché?...
P. Gianni Fanzolato, scalabriniano,
dalla città di Maria: Loreto,
ci dà delle buone ragioni
nelle sue riflessioni.
10500 abbracci ed auguri di Pace e di Speranza
pasqua:
il cammino dell'amore
Se Dio è amore, chi amava Dio prima che il mondo fosse? L'amore si dona: a chi donava il suo cuore?
L'amore è fecondo, genera vita; ma Lui che è la vita della vita chi genera dall'eternità e per sempre?
La grande, l'inedita rivelazione di Dio. Non è solo, non è chiuso in se stesso: Dio è famiglia,focolare vero.
Da sempre Dio genera il figlio con amore eterno; amore così grande da far scaturire lo Spirito di vita.
L'amore si rivela, l'amore crea e si difonde: Dio pensa e realizza la creazione per amare ed essere amato.
“Hai creato l'universo per effondere il tuo amore su tutte le creature”,canta il prefazio di pasqua.
L'uomo,un pensiero d'amore di Dio, esternato e rivestito di carne, fatto a sua immagine e somiglianza,
impronta della sua gloria, specchio della fecondità, raggio di luce, dono per cui Dio ha perso la testa.
Amore folle:” Tanto ha amato il mondo da sacrificare il suo figlio”,amore fatto carne, uno di noi.Pazzesco!
Grazia di Dio, vittima e agnello,è Cristo il giovedì della lavanda dei piedi,il venerdì di sangue e di croce,
è il sabato del silenzio e della tomba, grano nelle viscere della terra da cui spunta la spiga del sacramento.
E' il giorno dopo il sabato,domenica di festa,sepolcro vuoto,il Vivente della Pasqua e perno della storia.
Finalmente so che l'amore è la molla, il motore, la carica del mondo e solo chi ama è trasparenza di Dio.
Il cammino dell'amore è giunto al cuore, nel Cristo risorto che alita in noi il suo Spirito Paraclito.
Inizia il tempo della Chiesa, dei risorti, dell'uomo nuovo, il tempo dei miracoli, del perdono e della pace.
Sarò il giovedì che lava i piedi, il venerdì che serve e muore, il sabato di gloria, di luce e di resurrezione.
L'onda, i cerchi concentrici che si sprigionano ancor'oggi da quella tomba spalancata di Gerusalemme,
mi scuotono, mi risvegliano e iniettano nelle mie vene un sacro fuoco che mi divora dentro inesorabile,
e sento lo squillo delle trombe di Gerico che mi sprona:lascia le passioni,sciogli le vele al vento e prendi il largo;
sei un uomo nuovo, pensiero di Dio, da quando il sepolcro è rimasto vuoto e il firmamento si è riempito d'infinito.
P. Gianni Fanzolato
Loreto , Città di Maria – Pasqua 2012 - giannifanzolato@yahoo.it
Una croce? Sì! “La Croce è qualcosa di più grande e misterioso di quanto a prima vista possa apparire. Parla a tutti coloro che soffrono – gli oppressi, i malati, i poveri, gli emarginati, le vittime della violenza – ed offre loro la speranza che Dio può trasformare la loro sofferenza in gioia, il loro isolamento in comunione, la loro morte in vita. Offre speranza senza limiti al nostro mondo decaduto”. Benedetto XVI
Grazie anche al vostro aiuto le difficoltà e le sofferenze di questi bambini si aprono alla speranza e alla gioia: ce lo dimostrano i loro volti sorridenti.
Auguri da sr Maria, sr Maddalena e sr Antonella
Romania
Buona Pasqua con la storica Via Crucis di Erto che si celebra dal 1600
La pedrada
de José María Gabriel y Galán
Cuando pasa el Nazareno
de la túnica morada,
con la frente ensangrentada,
la mirada del Dios bueno
y la soga al cuello echada,
el pecado me tortura,
las entrañas se me anegan
en torrentes de amargura,
y las lágrimas me ciegan,
y me hiere la ternura...
Yo he nacido en esos llanos
de la estepa castellana,
donde había unos cristianos
que vivían como hermanos
en república cristiana.
Me enseñaron a rezar,
enseñáronme a sentir
y me enseñaron a amar;
y como amar es sufrir,
también aprendía a llorar.
Cuando esta fecha caía
sobre los pobres lugares,
la vida se entristecía,
cerrábanse los hogares
y el pobre templo se abría.
Y detrás del Nazareno
de la frente coronada,
por aquel de espigas lleno
campo dulce, campo ameno
de la aldea sosegada,
los clamores escuchando
de dolientes Misereres,
iban los hombres rezando,
sollozando las mujeres
y los niños observando...
¡Oh, qué dulce, qué sereno
caminaba el Nazareno
por el campo solitario,
de verdura menos lleno
que de abrojos el Calvario!
¡Cuán süave, cuán paciente
caminaba y cuán doliente
con la cruz al hombro echada,
el dolor sobre la frente
y el amor en la mirada!
Y los hombres, abstraídos,
en hileras extendidos,
iban todos encapados,
con hachones encendidos
y semblantes apagados.
Y enlutadas, apiñadas,
doloridas, angustiadas,
enjugando en las mantillas
las pupilas empañadas
y las húmedas mejillas,
viejecitas y doncellas,
de la imagen por las huellas
santo llanto iban vertiendo...
¡Como aquellas, como aquellas
que a Jesús iban siguiendo!
Y los niños, admirados,
silenciosos, apenados,
presintiendo vagamente
dramas hondos no alcanzados
por el vuelo de la mente,
caminábamos sombríos
junto al dulce Nazareno,
maldiciendo a los Judíos,
«que eran Judas y unos tíos
que mataron al Dios bueno».
II
¡Cuántas veces he llorado
recordando la grandeza
de aquel echo inusitado
que una sublime nobleza
inspiróle a un pecho honrado!
La procesión se movía
con honda calma doliente,
¡Qué triste el sol se ponía!
¡Cómo lloraba la gente!
¡Cómo Jesús se afligía...!
¡Qué voces tan plañideras
el Miserere cantaban!
¡Qué luces, que no alumbraban,
tras las verdes vidrïeras
de los faroles brillaban!
Y aquél sayón inhumano
que al dulce Jesús seguía
con el látigo en la mano,
¡qué feroz cara tenía!
¡qué corazón tan villano!
¡La escena a un tigre ablandara!
Iba a caer el Cordero,
y aquel negro monstruo fiero
iba a cruzarle la cara
con un látigo de acero...
Mas un travieso aldeano,
una precoz criatura
de corazón noble y sano
y alma tan grande y tan pura
como el cielo castellano,
rapazuelo generoso
que al mirarla, silencioso,
sintió la trágica escena,
que le dejó el alma llena
de hondo rencor doloroso,
se sublimó de repente,
se separó de la gente,
cogió un guijarro redondo,
miróle al sayón la frente
con ojos de odio muy hondo,
paróse ante la escultura,
apretó la dentadura,
aseguróse en los pies,
midió con tino la altura,
tendió el brazo de través,
zumbó el proyectil terrible,
sonó un golpe indefinible,
y del infame sayón
cayó botando la horrible
cabezota de cartón.
Los fieles, alborotados
por el terrible suceso,
cercaron al niño airados,
preguntándole admirados:
-¿Por qué, por qué has hecho eso?...
Y él contestaba, agresivo,
con voz de aquellas que llegan
de un alma justa a lo vivo:
-«¡Porque sí; porque le pegan
sin hacer ningún motivo!
III
Hoy, que con los hombres voy,
viendo a Jesús padecer,
interrogándome estoy:
¿Somos los hombres de hoy
aquellos niños de ayer?
La luce di Gesù risorto
ci illumina nel cuore e nello spirito!
Auguri di Buona Pasqua!!!