La povertà, la semplicità, l’umiltà, la valorizzazione della debolezza, della fragilità saranno i punti programmatici del nuovo pontefice

 

di Carlo Mafera


Quando ho appreso la notizia della nuova elezione al soglio pontificio del cardinal Bergoglio stavo comprando il pane. Non era una semplice coincidenza, io ho visto un collegamento tra un semplice gesto quotidiano che richiama ad un altro Pane spirituale e un evento dalle ripercussioni mondiali quale quello dell’elezione del Papa. D’altronde la presenza e l’irruzione dello Spirito Santo nella storia dell’umanità a partire dal primo “big bang” della Pentecoste fino ai giorni nostri è evidente, una Presenza costante e silenziosa, dai minimi gesti quotidiani a quelli più straordinari. Tutti avvenimenti collegati da una sottile trama misteriosa.
 

 

Ciò che mi ha colpito fortemente è stata la scelta del nome. Un nome che richiama al poverello di Assisi e che costituirà quindi il programma spirituale di Papa Francesco. La povertà, la semplicità, l’umiltà, la valorizzazione della debolezza, della fragilità saranno quindi i nodi programmatici del nuovo pontefice. Ci si aspettava un Papa più giovane e più forte, sullo stile di Giovanni Paolo II, per ovviare ai problemi suscitati dalle dimissioni di Benedetto XVI e invece lo Spirito Santo ha indicato ancora che lo stile di Gesù è sempre lo stesso, e cioè quello dell’umiltà, della mitezza persino della fragilità. E queste caratteristiche si sono ben incarnate nel nuovo Papa che ha scelto un nome tanto significativo. Anche la sua costituzione fisica sembra non sia ottimale, a testimonianza che è poi lo Spirito Santo a guidare la Chiesa e a colmare con la Sua potenza le nostre debolezze. Papa Francesco sarà quindi immagine di un Dio della fragilità, un dio ‘minore’ che sappia amare e capire, un dio piccolo che aiuti con la propria paura e debolezza, che affermi che questo mondo è malato e che lo siamo tutti indistintamente. Papa Francesco sembra, più ancora dei suoi predecessori, l’identikit di Gesù come lo fu il poverello di Assisi. Forse è troppo presto per dirlo, ma è anche vero che il buongiorno si vede dal mattino…

Francesco è l’espressione di tanti popoli emergenti dove alligna una grandissima povertà ma al contempo sovrabbonda un’enorme fede. È la logica conseguenza di tanti cardinali eletti dai Papi precedenti che hanno constatato che proprio nei nuovi continenti la fede cristiana ha avuto una straordinaria esplosione a fronte di un’Europa stanca ed in involuzione vocazionale e demografica. Anche la lingua spagnola, oramai la seconda più parlata al mondo, è stata fonte di coesione e di slancio per la fede cristiana.
 

Con questo nome quindi il nuovo Papa guiderà la Chiesa all’inizio del terzo millennio e credo che sullo stile del poverello di Assisi adotterà un programma molto chiaro. Innanzi quello della “debolezza” di Dio. Infatti il mondo cerca prodigi e tante cose materiali mentre noi cattolici annunciamo la debolezza di un Dio che muore sulla croce, che però è più forte di ogni forza dell’uomo, perché è proprio con la debolezza che noi vinciamo il male del mondo, quella brama di avere, di potere, di apparire. Ed è così che restituiamo all’uomo la sua dignità di figlio di Dio e di fratello.

Un altro punto programmatico di Papa Francesco si ispirerà alla mitezza di Gesù e del poverello di Assisi. Infatti essere mite e umile sono caratteristiche di Cristo, dell’amore. Gesù ha vinto il male del mondo in quanto agnello. La sua onnipotenza è quella dell’amore, quella di saper dare la vita. E di saperla dare con la perfetta letizia francescana, perché talvolta il senso di vuoto e di inutilità sarà inevitabile se non si trascende se stessi, se non ci si consacra a Qualcun altro; la sorte avversa non ci impedisce di affrontare il dolore come una prova, un compito, una sfida: l’atteggiamento dipende da noi. Ed è la caratteristica dello spirito cristiano, dello spirito dell’apostolo e ancor più del principe degli apostoli. Ed è proprio per questo che lo Spirito Santo, attraverso i cardinali, ha scelto Francesco.

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